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Andrea Rotili

Updated: Apr 4, 2018

Abbiamo intervistato il Fotografo Jazz Italiano vincitore nel 2015 di Jazz World Photo



IJ:Ciao Andrea, ci fai una brevissima introduzione su di te? Quando hai iniziato a scattare e perché hai scelto il mondo del Jazz


AR: Sono un fotografo freelance e mi piace spaziare in vari settori oltre alla fotografia jazz. Ho iniziato a scattare all'età di 15 anni, quando la fotografia era ancora analogica, mentre l'anno dopo incontrai per la prima volta la musica jazz.

Benché sia un interesse insolito per quell'età è stato grazie ad una jazz fusion che mi sono avvicinato a questo mondo. Queste due arti ben distinte (fotografia e musica jazz) hanno viaggiato su strade parallele, sempre presenti nella mia vita, finché nel 2011 si sono incrociate. In quell’anno ho assistito ad un live di Paolo Fresu e Uri Cane e ho deciso di portare la reflex digitale con la quale ho scattato qualche foto.

Sentii qualcosa dentro di me: quelle foto mi trasmettevano emozioni ben diverse rispetto a quelle comunicatemi dalla fotografia fino a quel momento. Da lì ho quindi iniziato un percorso di fotografie di scena che mi ha portato a partecipare al Jazz World Photo ottenendo un 7° posto nel 2014 e la vittoria l'anno successivo. Nel 2016 ho fatto parte della giuria , e l'anno scorso mi sono classificato 3°.


IJ:Che musica ascolti? Suoni qualche strumento?

Amo tutta la musica, in particolare il jazz e la chitarra jazz.

Mi sono anche avvicinato a questo strumento ma purtroppo, per problemi di tempo, non ho potuto approfondire questa mia passione.


IJ: Come è stato vincere il concorso Jazz World Photo? E’ stata una svolta nella tua carriera?

AR: Non nascondo che la vittoria del concorso mi ha aperto molte strade e offerto notorietà nel settore. Naturalmente vincere e poi confermarsi è la cosa piu' difficile e il fatto di esserci riuscito è la dimostrazione che quello che faccio, con passione, viene apprezzato. Ritengo inoltre che la conoscenza della musica jazz è un punto che gioca a mio favore: quando la musica ti arriva dentro è molto più facile cogliere le emozioni che l'artista vuole trasmettere e che sta vivendo in quel momento.

IJ:Il dubbio che attanaglia tutti i fotografi: analogico o digitale?


AR: In questa epoca il digitale domina indiscusso. Nonostante abbia iniziato a scattare nel periodo analogico non provo particolare rimpianti verso quella fase.


IJ: Qual è un elemento che non può mai mancare in una foto jazz ben riuscita? AR: L'emozione dell'artista. Quella non deve mai mancare, altrimenti è una foto insignificante. Lo dico a tanti fotografi: il mio suggerimento è quello di non concentrarsi su dettagli troppo tecnici perché la foto deve prima di tutto trasmettere un'emozione.

Questo è un parere che va oltre la fotografia jazz.


IJ: Quella cosa che , riguardando i tuoi scatti ti fa decidere se “tenerla o scartarla”?


AR: Diciamo che c'è stata un'evoluzione: sono passato da un primo periodo nel quale scattavo e scartavo molto, mentre ora scatto e conseguentemente scarto anche molte meno foto. Come detto prima scarto le foto che non sono in grado di trasmettere emozioni. Non escludo mai a priori le foto mosse o con molto rumore, perchè se lo scatto è in grado di trasmettere emozioni allora la foto ha valore.


IJ:Ho visto che nelle foto alterni varie prospettive e obiettivi.

Se potessi essere sempre in un punto privilegiato quale focale useresti più spesso?

AR: Attualmente sto scattando molto con una Leica Q 28 mm fisso focale 1.7. Se posso scatto sempre con quella: l'uso di obbiettivo a focale fissa obbliga obbliga il fotografo a doversi muovere, cambiare prospettiva e creare così una foto contestuale.

IJ:Ci racconti qualcosa dei tuoi progetti futuri?


AR: Adesso sono concentrato insieme ad altri fotografi nella creazione della prima associazione nazionale di fotografi jazz che si affiancherà ad altri enti per la promozione del jazz in Italia. In questo momento sto creando un progetto di fotografia e analisi in locali come i jazz club e i loft dove è presente una musica più esclusiva e un metodo di trasmissione con lo spettatore diversa dal “grande palco”.

IJ:C’è un musicista che ti sta particolarmente a cuore ma che non hai ancora ritratto o che non hai potuto ritrarre ? AR: Il mio rimpianto è quello di non aver vissuto il periodo dei grandi fotografi e dei grandi artisti degli anni '60. In quel periodo il contatto con l'artista era molto forte ed è proprio questo l'aspetto che più mi sarebbe piaciuto sperimentare.


https://andrearotili.com/


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